Squillace ed il suo ponte del Diavolo

Squillace è un borgo dai mille volti, tutti affascinanti e bagnati da una comune bellezza. 
Fu avamposto Magno-Greco, sin dal VII secolo a.c. con il nome di SKYLLETION, quindi, divenne Romana, diventando SCOLACIUM, poi si fece presidio Paleocristiano, dando i natali a Cassiodoro, consigliere giuridico e politico del re degli Ostrogoti e fondatore, presumibilmente nel 544 d.c., della prima università d’Europa, il ‘Vivarium’, nella quale, allo spirito monastico e mistico, si univa quello sapienziale, con una Biblioteca ed uno ‘Scriptorium’ dove vennero replicati e conservati migliaia di testi.
 
La storia di Squillace attraversò poi l’intero medio-evo, prima includendosi nei cinque secoli di dominio bizantino fino al sorgere dell’XI secolo, poi consegnandosi, ultima in Calabria, alla dominazione normanna, infine venendo infeudata da vari dignitari, fino all’avvento dei ‘Francesi’, ad inizio ‘800. Di tutto questo, Squillace conserva significative testimonianze, sia laiche che religiose, con, in testa, la Basilica Concattedrale di Santa Maria Assunta ed il grandioso castello normanno, fatto edificare a metà dell’XI secolo. A far da cornice a questo magnifico borgo, i cristalli azzurri del mar Jonio, calcato da una spiaggia bianca tra le più belle che si possano pensare.
 
Eppure, c’è un tassello che manca nella narrazione di Squillace ed è un monumento che, incredibilmente, viene oscurato, quasi negato. Si tratta del c.d. ‘Ponte del Diavolo’, un bellissimo impalcato in blocchi di arenaria, dotato di luce in altezza di circa venti metri ed in larghezza di circa dieci, grazie al quale è possibile sormontare la fiumara Ghettarello. Un ponte affascinante, ad unica campata ed a schiena d’asino, con un piccolo traforo all’attacco di uno dei due accessi, che sembra scambiare i suoi sguardi con il castello che lo sovrasta imperioso e severo.
 
Ebbene, nonostante la sua evidente eccezionalità, non un segnale, non un riferimento lo evidenzia. Eppure, si tratta di un’opera che, oltre che per la sua insita pregevolezza, pone questioni che meriterebbero di essere approfondite. Intanto, a quale epoca risale? Non sembra siano disponibili fonti al riguardo. La costruzione si fa risalire, per tradizione, al periodo medievale, attorno al XV secolo. Ma il periodo potrebbe essere anche antecedente, considerati la manifattura irregolare, l’utilizzo esclusivo di materiali primari, quali i blocchi di arenaria o la pietra pluviale sul dorso e la presenza di un ponte simile, in Scigliano (CS), catalogato quale ponte romano più antico d’Italia.
 
Poi, v’è un interesse leggendario: perché “Ponte del Diavolo”? La denominazione sembrerebbe alludere ad una mistica invalsa in epoca medievale, tesa a sottolineare: a) l’ardimento costruttivo, appropriato per l’appunto ad un demone; b) l’esistenza di un patto demoniaco tra committente e diavolo; c) la capacità di connettere differenze morfologiche talmente ostiche, da poter essere risolte solo da un demonio. In tutti i casi, il diavolo smette i panni del male ed indossa quelli, più rassicuranti, di un Lucifero dispettoso ma costruttivo. Quanto al ponte di Squillace, la leggenda vuole che un pastore, non riuscendo a costruirlo per raggiungere i fiorenti pascoli dell’altra sponda, lo affidi al Diavolo, in cambio del sacrificio del primo vivente che l’attraverserà. Ma il pastore, amante della vita e non della morte, userà l’inganno e, ottenuto il ponte, lo farà attraversare da un cane. Ne seguirà l’ira del demone, che proverà a distruggere la sua opera, riuscendo però solo a marcare un’impronta, appunto il traforo di cui sopra si è detto. Che sia, il silenzio della Comunità Calabrese su questa meraviglia, la vendetta del povero diavolo?
 
L’auspicio, al di là delle fantasiose ricostruzioni, è che il ‘Ponte del Diavolo’ di Squillace possa, in un futuro prossimo, uscire dall’oblio in cui è costretto e trovare posto nelle rotte narrative e turistiche del nostro Paese, sì da farne la cornice finale di un borgo che tanto ha da raccontare e tanto ancora da dire.

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